Che differenza c’è tra lavoro agile, smart working, telelavoro? Questi termini indicano modalità di lavoro che non prevedono la presenza della risorsa in azienda, ma come funzionano? Noi di Hermes incentiviamo ogni forma di “lavoro agile”, quindi proviamo a fare chiarezza sulle differenze e i vantaggi di ognuna.
La situazione pre-pandemia in Italia
Probabilmente non c’è bisogno di sottolineare quanto, dal 2020 in poi, lo “smart working” (inteso qui come termine omni comprensivo per tutte varie sfumature del lavoro lontano dalla sede principale) abbia cambiato e stravolto la vita di lavoratori e aziende, raccogliendo un plebiscito di consensi e – contro ogni previsione – spesso aumenti di produttività anche del 15-20%.
Quello che forse non tutti sanno è che però l’onda del cambiamento era già in arrivo ben prima della crisi del 2020, così come testimoniato dalle Leggi create ad hoc già nel 2017 Legge n. 81/2017) e ancora prima già nel lontano 2004 (Legge sul Telelavoro), per la necessità di regolamentare questi nuovi tipi di rapporti lavorativi completamente da remoto o ibridi.
Inutile dire anche che non tutti i lavori sono adatti alle nuove modalità da remoto, ma nel picco della crisi pandemica, si è arrivati a oltre 4,5 milioni di smartworkers e secondo alcuni sondaggi, oltre il 90% delle aziende che ha attuato tali misure, ha in programma di mantenere questo modello organizzativo a prescindere dalle necessità legate all’emergenza sanitaria.
Lo Smart Working infatti si è dimostrato essere un modello organizzativo in grado di apportare notevoli vantaggi a 360°, aumentando sia la produttività delle singole risorse e premiando quest’ultime con una migliore qualità di vita e un bilanciamento ottimale tra lavoro e vita privata.
Niente spostamenti, addio alle ore passate nel traffico ed a cercare parcheggio e risparmio notevole in termini di costi hanno di fatto portato ad un aumento dello stipendio medio, nella misura in cui molti spendevano fino al 15/20% della propria busta paga per spese che adesso non devono più sostenere.
Senza contare il vantaggio impagabile di spegnere il PC ed essere immediatamente disponibili e pronti a poter affrontare le mille incombenze della vita quotidiana.
Soprattutto chi ha bimbi piccoli, anziani da accudire o semplicemente animali da compagnia ha visto un innalzamento della propria qualità di vita che forse mai avrebbe immaginato prima, come il lusso di staccare alle 18, essere al supermercato sotto casa alle 18.10 ed aver evaso la “task” della spesa alle 18.30.
Fino a poco fa per molti avere tanta libertà era un sogno, perché nella migliore delle ipotesi lasciare l’ufficio alle 18 significava poi affrontare un lungo viaggio in metro o peggio ancora in auto, arrivare a casa verso le 19 e fare tutto il resto delle faccende con oltre 1h di ritardo sulla tabella di marcia attuale, che fa tutta la differenza del mondo quando si hanno i minuti contati.
Stessa cosa al mattino, dove per non fare tardi prima ci si doveva precipitare giù dal letto per evitare l’ora di punta, col freddo pungente del mattino e gli occhi ancora mezzi chiusi, mentre adesso si può puntare la sveglia anche solo pochi minuti prima dell’inizio della giornata lavorativa senza timore.
Introdurre il concetto di lavoro Smart, ove possibile, significa proprio provare a restituire alle persone (perché è di questo che parliamo, e non di freddi numeri) la loro vita quotidiana e così come recitano le migliori frasi motivazionali made in USA: “Un dipendente felice è un dipendente fedele e produttivo”, con tutti i benefici l’azienda può trarne. Ad esempio:
- Se c’è un continuo turnover, quanto costa in termini di tempo e risorse stare dietro alle selezioni delle nuove risorse?
- Quanto costa rifare la formazione daccapo ogni volta per istruire le nuove leve?
- Quanto vale avere un dipendente fedele, con un alto commitment alla mission e vision aziendale, pronto a dare il 110% e fare sempre del suo meglio perché tiene davvero al bene dell’impresa?
Il problema è che ancora oggi il concetto stesso di Smart Working è ancora poco chiaro, perché si va a sommare con quello più vecchio di Telelavoro e si confonde con quello di Lavoro Agile che per molti può essere un sinonimo, ma come vedremo non lo è completamente.
Lavorare in “Smart Working” non vuol dire solo “poter lavorare da casa”, ma molto di più
Dal punto di vista normativo lo smart working, così come definito nella Legge n. 81/2017, si basa sulla flessibilità organizzativa per dare seguito ad una volontà delle parti che concordano le modalità di lavoro da remoto attraverso strumenti idonei come Pc, tablet e anche il semplice smartphone.
È importante sottolineare che ai lavoratori da remoto deve essere garantita la completa parità di trattamento – sia economico che in termini di tutele, malattia, etc – rispetto ai contratti dei colleghi che invece continuano a lavorare in sede secondo le modalità classiche.
In principio fu il Telelavoro, il “nonno” dello Smart Working e del Lavoro Agile
Anche se a primo impatto può sembrare un’unica grande categoria, la principale differenza tra queste 3 voci è data dal grado di libertà ed autonomia della risorsa che si trova a distanza.
Nel Telelavoro di base il lavoratore non fa altro che svolgere le stesse ed esatte mansioni che avrebbe svolto in ufficio o presso la sede aziendale, ma in un luogo distaccato, che spesso (ma non per forza) coincide con la sua abitazione.
Ci sono però alcuni paletti ben definiti, ad iniziare dalla postazione che deve essere completamente a norma e può essere soggetta a controlli anche da parte dell’INPS – spesso fornita dal datore di lavoro – fino agli orari, che determinano la prima principale e sostanziale differenza.
Il Telelavoro è rigidamente disciplinato dal D.P.R. 8 marzo ’99, n.70 (per il settore pubblico) e dall’Accordo Interconfederale del 20 gennaio 2004 (per quello privato), ed a seconda delle casistiche può essere inquadrato come:
- Telelavoro a domicilio: quando il lavoratore ha la sua postazione in casa;
- Telelavoro mobile: quando il lavoratore ha la necessità di svolgere l’attività lavorativa in mobilità e in luoghi sempre diversi.
- Telelavoro remotizzato: quando il lavoratore è autorizzato a svolgere la prestazione presso una delle varie sedi “satelliti” diverse da quella centrale;
- Telelavoro office-to-office: in questo caso indica la particolarità che il lavoratore fa parte di un gruppo di lavoro con membri sparsi per il mondo e con cui collabora tramite connessione Internet;
- Teleimpresa: quando l’impresa opera totalmente (o quasi) online.
Il Telelavoratore può quindi effettuare la sua prestazione a distanza, ma deve rigidamente rispettare gli orari aziendali come se fosse in sede senza eccezione, indicando precisamente il luogo dove si svolgerà l’attività che dev’essere uno soltanto, come sostitutivo di quello aziendale.
Si pensi ad esempio al caso d un operatore di call center, che deve timbrare e iniziare il suo turno tassativamente all’ora X, terminare all’ora Y ed ha una pausa pranzo di tot. minuti stabiliti per contratto.
Inoltre nel frattempo può anche essere controllato a distanza attraverso sistemi di tracciamento, infatti esistono software appositi che ad esempio effettuano uno screenshot ed una foto tramite la webcam ogni tot minuti, in maniera casuale per permettere al datore di lavoro di effettuare controlli a campione sull’effettiva presenza e produttività dei suoi dipendenti.
Appare chiaro quindi che il Telelavoro condivide solo i benefici in termini di risparmio di costi e tempo dovuti alla mancanza di spostamento, ma non si avvicina nemmeno lontanamente alla filosofia che c’è dietro una metodologia di lavoro veramente smart o agile.
Smart Working e Lavoro Agile, l’evoluzione del telelavoro
Smart Working e Lavoro Agile rappresentano dunque un tentativo di miglioramento del concetto di Telelavoro, abbinando al semplice lavorare a distanza una nuova visione manageriale, che si fonda sulla flessibilità (per quanto riguarda orari, luoghi e strumenti utilizzati per la prestazione) e sulla responsabilizzazione dei singoli (quindi con un’impostazione basata sul raggiungimento di obiettivi).
Il concetto stesso di “smart” e “agile” sottende ad una nuova filosofia che bada più alla sostanza che alla forma. Le aziende che abbracciano questo cambiamento inviano ai loro dipendenti un messaggio chiaro, ovvero che non è più importante “quando” oppure “dove” lavori, basta che tu sia in grado di svolgere la tua parte e raggiungere gli obiettivi personali e di gruppo.
Nel lavoro agile subentra anche un’altra variabile, che è il “quanto” lavorare, perché di fatto viene lasciata alla risorsa non solo l’autonomia di gestire la distribuzione del carico di lavoro, ma anche di gestire la quantità di lavoro, a patto di essere poi in grado di rispettare la tabella di marcia delle task e del progetto su cui si sta lavorando.
Va precisato che mentre il Telelavoro è impostato per essere svolto unicamente e rigidamente nella sede indicata, lo Smart e il lavoro Agile sono più flessibili e liquidi come modalità.
Solitamente nei contratti che prevedono lo Smart Working, è indicato di default che una parte – seppur minima – del monte ore mensile venga svolta presso la sede aziendale, mentre chi lavora secondo la metodologia Agile lascia ancora un attimo di spazio in più alla libertà del singolo, perché di fatto si indica la necessità e obbligatorietà di recarsi di persona in ufficio solo per eventi irrinunciabili o per riunioni considerate decisive, lasciando piena libertà per tutto il resto delle attività previste.
In questo senso il lavoro Agile si pone un passettino oltre il concetto dello Smart, perché si fonda in maniera decisa sulle capacità dei singoli di essere disciplinati, consapevoli e di autogestirsi come membri all’interno di un team.
Non è un caso che una dei framework più di successo legate al concetto di metodologia Agile sia SCRUM (mischia) un termine derivato dal Rugby che è probabilmente lo sport di squadra per eccellenza ed evoca proprio l’immagine di un team unito che avanza verso la meta (l’obiettivo finale).
Lo sforzo normativo per cercare di inquadrare al meglio anche questo tipo di rapporti si è concretizzato con vari aggiornamenti questo non avviene in maniera autonoma, a partire dalla Legge n.81 del 22 maggio 2017 (detta proprio “Legge sul Lavoro Agile”) e proseguito poi con i vari DPCM e Decreti degli ultimi 2 anni che hanno regolamentato, definito ed incentivato l’utilizzo di modalità di lavoro che non obblighino alla presenza fisica del lavoratore se non strettamente necessario.
Tra i punti fermi indicati dalle Leggi in questione ci sono la necessità di un accordo scritto concordato tra datore di lavoro e lavoratore per definire la validità ed i termini di esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, la durata dell’accordo, il rispetto dei tempi di riposo e del diritto alla disconnessione e non solo.
Fondamentale infatti è assicurare la parità di trattamento economico e normativo (lo Smart Working è un vantaggio sia per il lavoratore che per l’azienda) e ovviamente tutte le tutele legati alla salute e alla sicurezza.
Adesso che lo Smart Working non è più una necessità dettata dall’emergenza e dai motivi di ordine pubblico, qual è il futuro che ci aspetta?
Nel prossimo articolo approfondiremo l’evoluzione e lo stato dell’arte rispetto all’adozione di nuovi modelli di lavoro “smart”, mettendo in luce soprattutto caratteristiche, vantaggi e benefici della filosofia agile e di come, se sfruttata a dovere, può migliorare sia la vita dei singoli talenti che le performance dell’intero team di lavoro.